" Il nostro
rapporto col mondo, prima ancora di essere un rapporto con le cose, è un
rapporto con l'Altro. E' un rapporto prioritario che la tradizione metafisica
occidentale ha occultato, cercando di assorbire e identificare l'altro a sé,
spogliandolo della sua alterità". (E. Levinas)
L’espressione
“porgere l’altra guancia” si trova in un testo evangelico. Nel famoso “Discorso
della Montagna” proferito da Gesù, secondo Matteo, su un luogo elevato (per Luca
invece in pianura) e ricordato nel suo scritto al capitolo 5. E’ un versetto
che si colloca all'interno di una serie di antinomie che iniziano tutte con:
“Avete inteso che fu detto”; e proseguono con un cambiamento: “Ma io vi dico”.
La quarta di queste antinomie inizia così: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per
dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la
guancia destra, tu porgigli anche l'altra” (Matteo, 5, 38-39). L’interpretazione
tradizionale sottolinea in questo brano la disponibilità al sacrificio di sé.
Non opporsi al malvagio è quasi una rinuncia a sé stessi, alle proprie ragioni
che possono anche essere valide di fronte all’avversario. E “porgere l’altra
guancia” a colui che colpisce è molto simile ad una transazione che può durare all’infinito. I due proseguono
nell’azione e nella reazione complementare e speculare, con una soddisfazione
che immaginiamo più forte in chi colpisce, che in chi subisce. Questi, porgendo
senza offesa il lato opposto, sembra rasentare il masochismo. Alcuni interpreti
hanno anche visto in questi versetti la sconsacrazione della legittima difesa e
l'accentuazione della non violenza. Si potrebbe parlare di un “gioco” psicologico
fra i due che si fronteggiano, con una girandola di ruoli che va dal
persecutore, alla vittima, passando dal salvatore.
Ma
veramente dice questo il testo biblico? E’ davvero un invito alla resa di
fronte all’avversario? Non ci può essere, invece, la possibilità di
interpretare il brano evangelico come un invito alla resistenza più che alla
resa? Scoprendovi dentro il coraggioso gesto di accogliere perfino la posizione
dell’avversario violento, offrendogli un’opportunità diversa, alternativa, che
permetta di bloccarne la violenza, di rendere l’altro consapevole della sua
posizione? Se così fosse, invece di offrire sempre la stessa “guancia” che porterebbe
a nessun mutamento, ma ad una riaffermazione della medesima posizione
esistenziale, ci verrebbe chiesto piuttosto di porgere una guancia diversa,
dando così la chance di uscire da questo gioco.
Ma vediamo innanzitutto chi è
questo violento di cui si parla.
La radice del termine malvagio
(“poneros” in greco) usato nel versetto evangelico viene da “ponos” che ha il significato di
pena, fatica, lavoro oneroso. La parola, per allargamento di senso, definisce
anche chi è in pena, chi soffre, un disgraziato o infortunato. Quindi il
versetto sembra dire: non mettetevi di fronte (non ante-ponetevi)[1]
al malvagio-disgraziato. Mentre l'antica legge prescriveva la restituzione dell'offesa ricevuta andando
nella direzione della somiglianza e ripetizione (occhio per occhio), la parola
di Gesù domanda una reazione di diversa natura. Uno spostamento nell'azione
(perché qui non si tratta di passività) che presenta al malvagio-disgraziato
qualcosa d'altro genere. L'altra guancia del volto umano.
Sappiamo che dietro il greco del
Secondo Testamento risuona la lingua ebraica, dove la parola per designare il
volto umano è plurale (“panim”) e ha il significato di: volgere verso. Di
fronte a colui che soffre o che fa soffrire per colpirti, con un oggetto, con
una legge, un'imposizione o una relazione difficile, sii, dunque, volto
d'alterità.
Eccoci
al dunque. Nel brano evangelico la parola usata per dire “altra guancia” non è
quella che ci aspetteremmo, se ci trovassimo di fronte ad una semplice
simmetria: colpito su una parte del volto, ti presento anche l'altra. Non è
usato qui il vocabolo “éteros” usato nell'accezione di “ora l'uno ora l'altro”.
Qui il Vangelo adopera il termine “allos” che significa: un altro, diverso. Non
si tratta, allora, della seconda guancia: è un’altra guancia! Non c'è quindi una
somma, prima la destra e poi la sinistra, ma si deve presentare una guancia
differente.
Si
esce così dal mimetismo e dalla passività. Si tratta di fare qualcosa
attivamente dopo un tempo nel quale si è subita passivamente la violenza. Non
ponendosi, però, di fronte all'altro come si fa in una lite o in un incontro di
boxe. Non faccio quel che fa il violento, non lo tocco dove egli mi tocca e non
gli permetto di toccarmi nello stesso posto. Eppure agisco a partire dal suo
primo atto, vengo sul suo terreno e lì gli presento l'alterità.
Ma
allora questo testo non condanna la legittima difesa, anzi. Dice quel che si
deve fare se l'obiettivo è quello di rendere possibile una relazione di
alterità con qualcuno che soffre e che fa soffrire.
La
Bibbia è un testo che si è costituito nell'arco di un millennio ed ha
accompagnato il cammino di fede di miriadi di generazioni umane. Ha svolto la
sua influenza non solo sull'animo umano, generando immagini potenti e durature,
ma il suo influsso sulla storia della cultura appartiene ormai al patrimonio
dell'intera umanità. Una tale penetrazione è degna di essere presa in
considerazione. Colpisce il fatto che il testo preso più sopra in
considerazione sia stato interpretato troppo spesso come utopico. Se così fosse
lo stesso Gesù non avrebbe compiuto il suo precetto che alla fine della sua
vita, al momento della condanna. Solo Gandhi non ha atteso la fine della sua
vita per metterlo in pratica. Da quello che ho potuto mostrare, invece, il
versetto non ha nulla di irrealizzabile, mentre sorprende per la sua giustezza
terapeutica. La frase di Gesù è un invito ad andare oltre la semplice passività
e la contrapposizione violenta all’aggressore. Già l’antica legge (l’occhio per
l’occhio) era un superamento della vendetta indiscriminata. Qui c’è il comando-invito
a una maturazione ulteriore, verso la capacità di non lasciarsi agganciare
dalla violenza, di vedere il cattivo in una diversa ottica, di fronteggiarlo
dandogli un’immagine, un volto che sia altra cosa del ghigno feroce. Un volgere
verso l’altro un lato nuovo del proprio volto, della propria umanità.
[1] Il verbo anteporsi (“antistenai” in greco)
richiama quello del versetto precedente, alla lettera: occhio anti-occhio e
dente anti-dente.
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