domenica 4 maggio 2014
Le parole sono importanti
La tecnica è collaudata. Perché penso che di questa si tratti, non di esperimenti casuali. Così si butta una parolaccia lì, una provocazione più in là. Una bestemmia, su, che vuoi che sia. O giù un’offesa alla memoria della Shoah (nel giorno di inizio della Pasqua ebraica. Ditemi che non è studiato). Storpiamo i nomi, denigriamo l’altro un giorno si e uno no. L’importante non è quello che si dice, ma come lo si dice, i mezzi non ci mancano. L’importante è piantare un paletto sempre più avanti. Ormai questo confine è stato passato, si può proseguire. Tanto una scusa c’è sempre. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Che il Papa pensi ai suoi pedofili, che gli ebrei guardino a come trattano i palestinesi. Che quello guardi in casa sua, nel suo partito, nella sua conventicola. Tu hai fatto questo, allora io posso dire e fare quest’altro. E si perde il senso delle parole, forse il senso stesso in sé e per sé. Della realtà complessa delle cose, che viene semplificata e triturata in modo becero. Vorrei riassaporare il gusto della discussione leale, quando le parole sono usate come significanti e non come armi. Il semplice gusto del rispetto per l’avversario, senza bisogno di strumentalizzare le cose. Perché ogni vicenda, ogni storia, dalla più piccola e personale alla più grande, ha il suo valore, la sua unicità e per questo va rispettata, anche nelle parole per descriverla.
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